giovedì 15 dicembre 2011

Il "Faust" di Sokurov

Finalmente stasera ho visto il "Faust" di Sokurov. Un film tanto potente quanto angosciante. In una atmosfera da incubo, terribilmente visionaria, Sokurov ci parla della miseria del mondo, della inafferrabilità del suo senso. Colpiscono la "carnalità" del film, il senso di materia in disfacimento che quasi ogni inquadratura ci comunica perfino fisicamente. Il mistero della carne e del corpo è infatti uno dei tanti enigmi che la scienza di Faust si ostina, angosciosamente, nevroticamente a penetrare. La scena in cui vediamo la sua testa, i suoi occhi di scienziato e di uomo affondare nella vagina di Margherita è certamente tra le più belle e potenti dell'opera di Sokurov. Ma essa richiama subito la prima scena del film, nel quale vediamo Faust affondare le sue mani nelle viscere di un cadavere nientemeno che alla ricerca dell'anima. Eros e Thanatos segnano i confini, le colonne d'Ercole della conoscenza. Oltre di essi è l'essenza della realtà e della stessa vita e non certo il nulla, pure così tante volte evocato dal diavolo, che egli continua a cercare in un viaggio che non conoscerà mai sosta e che non avrà mai fine avrà mai fine. L'incontro con Margherita, unico simbolo di purezza e di innocenza in un Medioevo brutale, volgare e animalesco, è una delle tappe fondamentali del viaggio di Faust. Neanche esso tuttavia placherà l'ansia di sapere di Faust, la sua ricerca del senso più forte perfino della sua ricerca della salvezza. Una ricerca che continuerà anche dopo essersi liberato di Mefistofele e avere "stracciato" il contratto che con il sangue aveva firmato con lui. Il perenne muoversi e vagadonare di Faust ci appare così una metafora del cinema: arte dell'azione e del movimento per eccellenza. "In principio era l'Azione" dice Faust parafrasando e rovesciando l'incipit del Vangelo di Giovanni. Come Faust, la macchina da presa di Sokurov non fa altro che muoversi, senza mai staccarsi dal mondo, completamente immersa in esso, nella sua "materia", sia essa vivente o in decomposizione. Come quello di Faust, il suo sguardo non è mai in fondo "sul" mondo ma piuttosto sempre "dentro" di esso.


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