giovedì 15 dicembre 2011

Padre e figlio

IL MURO.
Sono
quasi in sogno a Luino
lungo il muro dei morti.
Qua i nostri volti ardevano nell'ombra
nella luce rosa che sulle nove di sera
piovevano gli alberi a giugno?
Certo chi muore...ma questi che vivono
invece: giocano in notturna, sei
contro sei, quelli di Porto
e delle Verbanesi nuova gioventù.
Io da loro distolto
sento l'animazione delle foglie
e in questa farsi strada la bufera.
Scagliano polvere e fronde scagliano ira
quelli di là dal muro-
e tra essi il più caro.
                              "Papà-faccio per difendermi
puerilmente-papà...".

Non c'è molto da opporgli, il tuffo
di carità il soprassalto in me quando leggo
di fioriture in pieno inverno sulle alture
che lo cerchiano là nel suo gelo al fondo, 
se gli porto notizie delle sue cose
se le sento tarlarsi (la duplice
la subdola fedeltà delle cose:
capaci di resister oltre una vita d'uomo
e poi si sfaldano trasognandoci anni o momenti dopo)
su qualche mensola
in Via Scarlatti 27 a MIlano.

Dice che è carità pelosa, di presagio
del mio prossimo ghiaccio, me lo dice come in gloria
rasserenandosi rasserenandomi
mentre riapro gli occhi e lui si ritira ridendo
-e ancora folleggiano quei ragazzi animosi contro bufera e notte-
lo dice con polvere e foglie da tutto il muro
che una sera d'estate è una sera d'estate
e adesso avrà più senso
il canto degli ubriachi dalla parte di Creva.

Vittorio Sereni

Impossibile tutte le volte che rileggo questa poesia non pensare a mio padre. La memoria intima e personale di chi legge le poesie e quella di chi le scrive talvolta si identificano. La poesia in fondo è memoria. Memoria tuttavia occasionata dalla vita del presente, tutt'uno con essa. Il muro che divide il presente dal passato, la vita dalla morte, tema di questa poesia, è anche infatti un muro che unisce. I ragazzi che giocano a pallone di notte di fronte al cimitero sono un'immagine di giovanile slancio vitale, nonostante l'estrema vicinanza fisica con la presenza-assenza dei morti. Questa fisica compresenza dei vivi e  dei morti è in fondo continuamente evocata dalla memoria e quindi dalla poesia che se ne nutre.  Ma dietro i nostri più cari ricordi possono talvolta  celarsi inquietanti presagi.i  E' in fondo  la paura della nostra morte ad evocare quella  di nostro padre, la cui morte prefigurava già quella del figlio. Per quanto solenne  e perfino "sacrale", l'immagine del padre è in fondo la nostra stessa immagine riflessa: tutti i figli sono dei Narcisi. Ma  il riso rasserenante del padre di fronte all'egoistica, ancora puerile autocompassione del figlio pure travestita da puro amore per lui, la sua saggezza tanto serena quando profonda, solo apparentemente  nichilista, contengono un messaggio morale e non solo sentimentale ovvero un invito ad accettare laicamente la vita, a saperne vivere il presente senza tentare di estrarne impossibili consolatori significati,  a cercare nelle cose, nella loro identità con se stesse il loro senso.

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